- Luna Meli
- Luglio 7, 2023
- 3:55 pm
LO SBARCO DEL 1943 E LA RISCOPERTA DEGLI AFFRESCHI DI SAN BENEDETTO
Il 9 luglio del 1943 iniziava lo sbarco alleato in Sicilia, un momento di svolta decisivo per l’andamento della seconda guerra mondiale.
“Come pietre vive”, il testo edito in occasione dei 100 anni del carisma dell’adorazione nella comunità monastica, è una preziosa fonte di informazioni su come il secondo conflitto bellico venne vissuto nel Monastero di San Benedetto in via Crociferi.
Ecco le parole con cui Madre Benedetta e Suor Marta descrivevano i primi anni della guerra:
“Il monastero ebbe a sostenere grandi spaventi ed orrori nell’ultima guerra. Non si può ripetere quello che abbiamo sofferto. Essendo la Sicilia e tutta l’Italia zona di guerra non si poteva stare più sicure. Le sirene, i bombardamenti erano quotidiani, anzi fino a tre volte al giorno. Non si poteva dormire. Si stava nel rifugio dalla sera fino alle quattro di mattina. L’esposizione del SantissimoSacramento che Madre Domenica aveva stabilito si facesse, oltre il giovedi, tutti i primi venerdi, le domeniche, il martedi ed anche il giorno 25 di ogni mese, fu sospesa per paura delle bombe. Quando c’era il chiarore della luna – per 15 giorni – non si poteva stare a letto: appena ci si coricava, la sirena ci faceva balzare dal letto e, presi in fretta gli abiti, ci si vestiva nel rifugio perché le bombe incominciavano subito e ciò durò fino al 1943 allorquando i quadrimotori americani, con le loro bombe, fecero sfacelo in tutta la città, obbligando tutti a sfollare“.
Con lo sbarco alleato, quindi, i bombardamenti in città diventano più fitti e, alcuni di essi, colpirono anche la chiesa di San Benedetto.
“23 luglio 1943. Stamane, nelle prime ore, un messo da Catania ci annunciò che un grosso tiro di mare, attraversando una delle finestre della nostra bella chiesa, aveva distrutto la grande pala dell’altare di San Benedetto, opera del Rapisardi. Era precipitato il muro a sud della chiesa esterna, per la larghezza di m. 20×40. L’arco centrale del tetto era caduto sulla volta e i medaglioni affrescati, in parte, precipitati sul pavimento”.
Conclusasi la guerra, risultò evidente che non solo l’olio su tela di Michele Rapisardi era stato duramente danneggiato: una bomba era entrata a metà del soffitto della navata e, senza esplodere, aveva colpito l’affresco raffigurante “Il miracolo del falcetto”.
E fu proprio quello squarcio nella volta che consentì alle monache di rendersi conto dell’intonacatura che rivestiva gli affreschi della volta.
Come testimonia una foto della chiesa del 1940, infatti, la chiesa di San Benedetto aveva un aspetto molto diverso da quello che conosciamo noi oggi: la volta affrescata da Tuccari fra il 1726 ed il 1729, era stata modificata da Antonino Battaglia con una più austera decorazione neoclassica. Il motivo? L’arte barocca ed i suoi giochi prospettici erano fonte di distrazione.
Nel 1947, dunque, ha inizio il cantiere di restauro, sotto la direzione dell’architetto Armando Dillon. I lavori dureranno per 6 anni, riportando all’antico splendore gli affreschi coperti, con un lavoro attento, seppur con qualche licenza al tempo lecita e ancor oggi traccia indelebile della storia della chiesa di San Benedetto. Infatti, nell’affresco raffigurante la virtù della speranza si legge chiaramente SEBASTIANO MILLUZZO 1948, cioè l’anno del restauro ed il nome di uno degli artisti che vi lavorò.
Allo stesso tempo, quel primo affresco – il miracolo del falcetto – da cui partì la riscoperta degli affreschi oggi patrimonio UNESCO, oltre a mostrare ancora oggi i segni dello squarcio del 1943, ospita i volti del già citato Milluzzo e del collega Ranno. Sono loro due dei visi che si riescono a distinguere dietro il Santo di Norcia, nella prima immagine di questo nostro articolo.
Ma come raccontato da Suor Marta e Madre Benedetta, anche la pala d’altare di Michele Rapisardi, opera del 1861, era stata ridotta in infiniti pezzi. Solo il certosino lavoro del prof. Nicolosi, che restaurò la tela frammento per frammento, ci permette oggi di ammirare l’opera del pittore ottocentesco come se mai nessuna bomba avesse colpito la chiesa.
E fu così che, da un male, almeno si è ricavato un bene, piccolo se commisurato alla grande tragedia della guerra, ma che ha restituito alla nostra chiesa la sua originaria bellezza, altrimenti mai avremmo scoperto il tesoro d’arte, dal 2002 patrimonio UNESCO per il Barocco di Val di Noto, che vi stata sotto.
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